Covid-19 alla velocità di internet. Piano strategico per una nuova politica
di Giorgio Garofalo
Il coronavirus si è diffuso nel mondo alla velocità di internet. E ci ha mostrato almeno due cose: il pianeta è un luogo piccolo e siamo tutti interconnessi, vicini, indissolubilmente legati. Siamo fratelli e sorelle e viviamo tutti sotto lo stesso tetto.
Microscopici aggregati di materiale biologico, visibili solo al microscopio, sono entrati nell’organismo dell’umanità, ammalandolo. Il fenomeno si chiama “spillover” e avviene quando agenti patogeni di origine animale migrano nell’uomo per riprodursi.
Un fatto epocale. Come lo erano stati, senza la consapevolezza dell’attualità, la comparsa del morbillo qualche migliaio di anni fa e altri virus che generano le malattie che conosciamo come AIDS, SARS ed Ebola.
Un elemento invisibile ha messo in discussione un modello che sembrava immodificabile. Il capitalismo e, ancor di più, la globalizzazione economica sembravano a uno stadio di avanzamento consolidato e immutabile. Oggi, un non-elemento mette tutto in discussione e impone alcuni interrogativi: a chi diceva che era impensabile rallentare o fermarsi, facciamo notare che lo hanno appena fatto. Punto. Non è servito un atto normativo, non è stata necessaria un’intesa tra nazioni, è parso a tutti più che sufficiente un messaggio potente: quello che la natura ci ha mandato, molto chiaro, in questi primi mesi del 2020.
Il sistema su cui poggia il nostro stile di vita non funziona più. Non è una novità. Di avvertimenti, a dire il vero, ne avevamo ricevuti tanti: alcuni li abbiamo ignorati, altri li abbiamo presi alla leggera, dandoci qualche obiettivo di sostenibilità da raggiungere nel medio o lungo periodo. Ma la vita non aspetta: come ci hanno insegnato i molti giovani del Fridays For Future, non c’è più tempo. Se vogliamo avere cura della nostra Terra, dobbiamo agire subito.
Gli effetti di uno squilibrio si sono resi evidenti negli ambiti sociali (crescita delle disuguaglianze) e ambientali (il riscaldamento globale, la desertificazione, la perdita di biodiversità, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua). Ma anche l’emergere di nuovi virus appare sempre di più come l’ennesima conseguenza dell’invasività delle attività umane nei territori naturali. Come se non bastasse, inoltre, una serie di condizioni altresì prodotte dall’uomo aiuterebbero i virus a propagarsi: secondo alcuni studi, le polveri sottili potrebbero aver favorito la diffusione del covid-19. O, perlomeno, è quello che pensano i ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale che, in collaborazione con le università di Bari e Bologna, hanno esaminato i dati delle centraline ARPA incrociandoli con i casi di contagio. L’inquinamento atmosferico veicolerebbe il virus, facendo da vettore.
Lo shock c’è stato. Pensare che si possa tornare esattamente ai ritmi pre-covid è, se non impossibile, certamente sbagliato.
Coronavirus rappresenta, per un numero crescente di persone nel mondo, dolore e sofferenza, a volte morte. Alla preoccupazione per la salute, si sommano quelle per l’economia e per il lavoro. Il trauma può assumere l’importanza di una lezione. Servirà per ricalibrare le nostre vite? Accoglieremo l’invito a risintonizzarci con la (nostra) natura? Qual è l’ambiente in cui vogliamo vivere oggi e far vivere i nostri figli e nipoti domani?
È necessario un piano strategico per una nuova politica. I vecchi schemi hanno fallito. C’è un grande richiamo oggi nel mondo verso necessità profonde: il diritto alla salute, alla mobilità, al lavoro, alla vita. Che sia, questa, l’occasione per fondare le politiche del futuro?
Non siamo in pochi oggi a sperare a un cambio di paradigma per un futuro più sostenibile da non misurare attraverso il Pil e lo spread, ma con l’indice di benessere delle comunità: un Fil (Felicità interna lorda) da calcolare in base alla qualità della vita, la distribuzione della ricchezza e delle opportunità, la diffusione della cultura, la situazione ambientale, l’integrazione delle periferie e così via.
Mentre disquisiamo di questi argomenti, la natura, approfittando della nostra quarantena, si sta già riprendendo i suoi spazi. E i risultati sono sorprendenti: la qualità dell’aria in pianura padana è migliorata moltissimo, i delfini si avvicinano alle coste, i leprotti scorrazzano nei parchi pubblici di Milano.
“E noi in casa, in castigo, perché non vogliamo imparare la lezione”[1].[2]
[1] Andrea Franzoso
[2] Altri riferimenti: La riscossa della natura; Per fermare i virus aiutiamo l’ambiente; Treccanigram; Cosa sono i virus; Coronavirus, ricerca medici ambientali: “Polveri sottili accelerano diffusione virus”
Foto in anteprima: https://www.corriere.it/pianeta2020/20_marzo_22/delfini-porti-lepri-citta-riscossa-natura-tempi-quarantena-715b4efe-6b8e-11ea-b5c1-51209be10271.shtml