Al telefono
A) Pronto, ciao. Finito di sistemare il box?
B) Ciao, no, mi son perso nel guardare varie cose che nel tempo ho accatastato.
A) Be’, prendila pure con comodo: più passano i giorni, più la situazione appare più chiara e, conseguentemente, più nera. Da una parte si stanno mettendo a punto sempre più mirate istruzioni per il contenimento del contagio e questo è sicuramente un bene. Dall’altra si fa sempre più tangibile l’imprevedibilità dei tempi per un ritorno alla normalità.
B) Si, anche se ho difficoltà a pensare che ritorneremo alla normalità. Normalità… come era prima. Questa condizione credo lascerà una impronta profonda e non mi riferisco solo a tutte quelle famiglie che hanno e avranno subito un lutto, faccio riferimento a tutte le aziende, soprattutto piccole, che oggi sono bloccate e fino a ieri davano occupazione e reddito a migliaia di lavoratori. Per salvare il Paese – ma a breve sarà inevitabilmente il problema globale – il governo lancia un appello all’Europa per il reperimento di fondi e indica il così detto coronavirus bond come strumento per questa operazione. Alcuni Paesi sono d’accordo, altri affermano che esiste già uno strumento utilizzabile il cosiddetto fondo salvastati. Faccio fatica a capire i meccanismi che governerebbero questi due strumenti ma ancor più fatico nel comprendere come si possa tergiversare ad assumere delle decisioni.
A) Anch’io non ho ben capito quale sia la differenza e perché l’uno sarebbe meglio dell’altro. Mi sembra comunque che l’obiezione sui coronavirus bond sia che i Paesi che hanno i bilanci “più in ordine” rischierebbero di metterci più soldi di quelli che hanno i bilanci messi male. Se capisco bene la disputa si potrebbe riassumere in questo modo: la preoccupazione è chi pagherà per salvare le vite e l’economia delle varie nazioni, piuttosto che quante vite abbiamo salvato e come si sia riusciti a mantenere viva l’economia europea. Punto di vista veramente meschino e per niente lungimirante. Casualmente ho appena sentito parlare di tal Amedeo Giannini, un piccolo banchiere che dopo il terremoto di San Francisco ebbe il coraggio di prestare i soldi alla povera gente, senza particolari garanzie e ottenne un gran risultato. Questa sua temerarietà, questa sua spregiudicatezza, questa sua visionarietà lo portò a fondare la Bank of America. Niente po’ po’ di meno. Ma non possiamo certo sperare in un Giannini, dovremmo pretendere emuli di Giannini nelle istituzioni europee. Oh, ma non per fare altre banche. Capiscimi a me.
B) Sai, mi viene in mente quella storiella che narra di un monaco che chiede a Dio di mostrargli la differenza fra il Paradiso e l’Inferno e gli vengono mostrati due identici banchetti nei quali i commensali hanno un lungo cucchiaio legato al braccio che permette loro di raccogliere il cibo al centro del tavolo ma non riescono a portarselo alla bocca. Nell’inferno i commensali sono tristi e denutriti, mentre nel Paradiso erano sereni e pasciuti. Nell’inferno ognuno pensava per sé e quindi nessuno riusciva a mangiare; in Paradiso ognuno porgeva il cibo verso quello che gli stava di fronte. Però, intanto che noi ce la raccontiamo, dentro altre case, si potrebbero nascondere problemi più concreti e immediati. Le persone sole, magari anziane, come se la staranno passando? Capita a volte di leggere di un anziano morto da giorni e scoperto solo per qualche casualità. Ma qui da noi? Siamo allertati della situazione dei nostri vicini? Nel mio circondario, per fortuna, mi pare che tutto sia sotto controllo, ma il resto del paese? Abbiamo dei senza dimora? Certo anche prima lo erano, ma giravano per il paese e qualcosa da mangiare o un indumento lo rimediavano. Ora?
A) L’amministrazione ci avrà pensato, mi auguro. E noi, noi nel frattempo cosa si fa? A parte le cantate dalle finestre; i disegni con la scritta andrà tutto bene; il rimbalzarci sui social delle canzoni e delle battute che servono a esorcizzare l’inquietudine, noi che si fa?
B) Progettiamo. Progettiamo il futuro. Partendo dalla situazione attuale, proviamo ad immaginare come dovremo fare per ridiventare una comunità. Magari un po’ più comunità di prima e magari un po’ meglio di prima. Taaac! Hai visto che rispostona che ti ho sfornato? Peccato però che siamo solo in due – oh, te la ricordi la canzone di Domenico Modugno, tre briganti e tre somari? Be’ noi addirittura due: messi male. Però possiamo sempre invitare anche altri a contribuire al progetto, no?! A proposito di ipotesi, l’altro giorno c’era un articolo sul Corriere, a firma di noti economisti, che indicavano come avrebbe potuto avvenire la ripresa. Mi ha impressionato. Mi è sembrato proprio uno scenario da day after. Ma temo non sarà tanto diverso.
A) Credo che comunque dovremo cominciare davvero a prefigurarci una situazione da day after. Salvo che nei prossimi 30 gg non si scopra un vaccino efficace fra i medicinali già in commercio e di rapida produzione. Ma togliamoci dalla testa l’evento miracoloso e puntiamo lo sguardo dritto e aperto nel futuro – per citare il grande Pierangelo Bertoli. Allora mettiamo “sul tappeto” le varie priorità e le varie tappe e “apriamo un tavolo” di discussione. Penso che 1° problema da affrontare sia che tutta la popolazione abbia disponibilità di cibo. 2° che tutti siano in grado di conoscere le condizioni dei propri vicini: sia per la loro capacità di procurarsi altri beni di prima necessità che per le loro condizioni di salute. 3° verificare il bisogno di relazioni umane, di contatti anche solamente verbali. 4° trovare il modo di sostenere il morale più o meno a tutti. Seminare positività senza nascondere la cruda realtà. Senza creare false illusioni, affermare che per quanto difficile, la situazione non è priva di sbocchi. Penso che questi siano gli interventi primari che dovrebbero essere attivati. Parzialmente credo che l’amministrazione comunale, anche attraverso la Protezione Civile, possa avere la capacità di assolvere i primi due punti. Per il terzo lo ignoro.
B) Per certo è stato attivato un nr di telefono al quale potersi rivolgere per spese e farmaci a domicilio per persone con + di 65 anni di età o con patologie tali da impedire loro di muoversi di casa. Si può chiamare il 348 77 10 527 e chiedere loro se possono provvedere. E’ pubblicizzato sul sito del comune ma penso non sia sufficiente a far conoscere il servizio a tutta la cittadinanza. Per questo il tener sott’occhio il vicinato può essere molto importante. Il 3° punto potrebbe trovare una soluzione con il “telefono amico”. Andrebbe, ovviamente pubblicizzato – risponde al nr. 02 2327 2327 – e credo sarebbe più efficacie se fosse gestito territorialmente, ma è un servizio delicato. Occorre personale minimamente istruito sulla gestione delle chiamate e la modalità di ascolto. Per il morale io, ogni tanto su youtube, mi vedo qualche registrazione di Aldo Giovanni e Giacomo o il mago Forrester o Crozza o altri. Il ridere mi scarica anche la tensione. Ce la possiamo fare. Ma servono altre idee. Altri contributi. Facciamo un invito all’americana: noi vogliamo te. Vogliamo il tuo parere e il tuo contributo. Anche perché, come dice il detto: cent cò, cent crap.
A) Si, buona idea. Noi vogliamo te! Però il detto troncato a metà… va be’, dai ci risentiamo. Ciao.
B) Ciao. E in tema di canzoni, risentiti tu vuo fa l’americano.