Cari amici di Seveso Futura, questo racconto di quarantena è per voi
di Emanuela Macelloni
Siamo quasi alle soglie della riapertura, anche se non sarà totale. Si percepisce nell’aria l’attesa, la speranza, il desiderio di ritornare alla normalità, come quello di costruirne una nuova. Migliore. Più giusta ed equilibrata. Più nostra. E forse tutto questo lascia un po’ indietro quella paura, che ha fatto tanto la voce grossa in questi ultimi due mesi.
La chiamano fase due, ma nella serata di incontro, seppur virtuale, con le associazioni del territorio abbiamo capito che il terzo settore resta in realtà per ora confinato ad uno spazio più indietro, nonostante gli sforzi immani fatti per tentare di offrire una qualche vicinanza.
Se dovessi dire cosa ho trovato di positivo per me in questo tempo sospeso di quarantena, dopo il rallentamento dei ritmi di vita, non avrei alcun dubbio nel trovare una risposta: voi. Seveso Futura.
Sono ormai due anni che vivo nella nostra città. Per carattere ed inclinazione personale ho sentito sin dal principio il desiderio ed il bisogno di conoscerla, di viverci e viverla in qualche modo. E subito ho tentato l’avvicinamento alla ormai nostra associazione, che proprio in quel periodo stava svolgendo i passi formali per costituirsi in ente.
Sapete bene anche voi che nonostante questo mio desiderio ed una pallida e sporadica presenza più su WhatsApp che non reale e corporea, non sono mai riuscita a partecipare e a rendere fattivo il mio contributo ed il mio ingresso nel gruppo.
Oltre ai ritmi sfrenati di vita ed ai mille impegni di sempre, posso anche annoverare la fatica che si percepisce nella costruzione di un legame con persone prima sconosciute: un percorso bello, per chi come me crede nel bene relazionale, ma anche indubbiamente faticoso nell’impegno, nella costanza e nello sforzo di rendersi disponibili che tutto questo necessariamente richiede.
Il lockdown, con tutte le negatività e difficoltà che ha creato nelle vite di ciascuno di noi, ha però reso in questo caso più accessibile questo passaggio. Se vogliamo più facile. E questo non solo per una questione di tempo ed energie che improvvisamente ci sono state restituite, ma soprattutto perché questo gruppo non si è fermato. Anzi, ha forse cercato di intensificare il proprio impegno moltiplicando idee, progetti e azioni.
Le riunioni settimanali (spesso divenute bisettimanali) trasferite per necessità sullo spazio virtuale, mi hanno consentito un accesso ed una fruibilità alla vostra conoscenza che mai mi sarei aspettata, perché come tanti, credo maggiormente nelle relazioni reali più che in quelle virtuali.
Ed invece eccomi qua. Finalmente parte e partecipe di questo gruppo che, in tempi di isolamento, è stato capace di ideare e mettere in atto tanti progetti e temi da far impallidire chiunque, spesso anche noi: tanta carne al fuoco (mantra di ogni riunione)!
Mai stanchi di portarsi avanti e trovare soluzioni. Di scoprire e sviscerare i punti di fragilità a cui tutti noi individui e cittadini siamo stati, siamo e saremo esposti da qui in poi. Oltre a questo sento di dover riconoscere anche la capacità nell’accogliere, nell’accogliermi. E sappiamo bene quanto sia paradossalmente raro in gruppi strutturati e organizzati che spesso, pur dichiarando di cercare nuovi membri e leve, sono inconsapevolmente chiusi e incapaci di includere.
Ricordo bene il mio primo ingresso in jiitsi.meet. Ricordo di aver avuto timore: di non riuscire a dialogare, ad inserirmi nelle discussioni, di non avere nulla da dire. Di trovarmi come un pesce fuori dall’acqua, come si usa dire. E invece dai primi minuti, ed inaspettatamente, mi sono sentita immersa in un acquario insieme a tutti voi. E non è poco riuscire a nuotare insieme!
Alle soglie del ritorno ad una qualche normalità mi sento spaventata, perché spero con tutto il cuore che la vita e gli impegni non tornino a prendersi le energie e lo spazio per proseguire e coltivare anche nel mondo reale ciò che abbiamo costruito sin qui.
A chi abbiamo incontrato abbiamo sempre chiesto come immaginasse il futuro della nostra città.
Da individuo singolo so di non poter rispondere perché il progetto per una città è e deve essere corale, collettivo. Ma oggi so che quando si apriranno le nostre porte ci sarà un gruppo di cui faccio parte, con cui potrò sognare, immaginare e disegnare la nostra Seveso Futura!
Mi viene in mente una canzone degli U2, “new year’s day”, il cui testo sembra in apparenza una storia d’amore ma che in realtà pare sia stata ispirata dalla rivolta popolare in Polonia nei primi anni ’80. Il testo sembra contenere un riferimento alla speranza: quella di continuare a sognare.
We can break through!